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Quando i genitori non sono d’accordo sull’educazione dei figli. Le riflessioni delle psicologhe
Continua la nostra collaborazione con la rubrica Figli al centro del blog Genitorialmente, questo mese le domande riguardano il tema dell’accordo tra i genitori nell’educazione dei figli.
Nel suo post Manu parla dell’importanza dell’accordo tra i genitori e sottolinea che, quando questo manca, i figli trovano lo spazio per inserirsi e fare ciò che vogliono.
Condividiamo la premessa di Manu: è fondamentale che ci sia accordo tra i genitori nella gestione ed educazione dei figli, soprattutto per gli aspetti più importanti. Ed è molto importante che questo accordo sia presente già alla nascita dei figli, perché, anche se i bambini piccoli non hanno gli strumenti per capire cosa sta succedendo a livello cognitivo, sono già da subito in grado di percepire il clima emotivo della famiglia.
Come sempre partiamo da una riflessione più generale per poi andare verso il particolare.
COSA SUCCEDE NEI FIGLI QUANDO SENTONO CHE NON C’È ACCORDO TRA I GENITORI?
I figli si sentono confusi, non riescono a capire chi ha ragione, non sanno più cosa è giusto e cosa è sbagliato e si sentono presi in trappola dentro un conflitto di lealtà: “chi dei due ha ragione? A chi dei due devo dare ascolto?”
I figli ne approfittano per sfruttare la situazione a proprio vantaggio. Se non c’è una linea comune è facile pensare di poter trovare da soli la propria scelta, che sarà ovviamente una scelta di comodo: “Visto che non mi dicono in modo chiaro cosa fare posso fare quel che voglio!”
Ci preme ribadire che si tratta di un vantaggio spesso fittizio perché in realtà, quando i genitori sono in disaccordo, i figli sperimentano un potere troppo grande per le loro forze, un potere che fa gola e col quale si prova a giocare, ma che non fa bene e questo i bambini lo imparano molto presto facendone le spese sulla propria pelle.
COSA SUCCEDE IN FAMIGLIA?
Il bambino/adolescente, preso nel conflitto di lealtà, sceglie con chi stare e si schiera, in genere, con il genitore che viene percepito come più morbido, permissivo o flessibile.
I genitori si dividono ancora di più e le differenti visioni possono sfociare in conflitti aperti che vedono il figlio come posta in gioco: “ecco hai visto? Gli lasci fare tutto quello che vuole, sei troppo permissivo e lui ne approfitta!”.
Quanto scritto sopra è valido in generale ma non può prescindere da un aspetto molto importante:
QUALI SONO I MOTIVI PER I QUALI I GENITORI SONO DIVISI SULL’EDUCAZIONE DEI FIGLI?
1.I genitori hanno una visione differente rispetto all’educazione dei figli, ognuno ha il suo approccio, legato alla propria storia e ai propri vissuti. Non si può prescindere dalla relazione con i propri genitori, dai quali si cerca di differenziarsi, cercando di non ripetere gli errori che si pensa abbiano compiuto.
2.I genitori hanno caratteri differenti che li portano ad affrontare in modo diverso le situazioni educative. Può essere che uno sia più timido e l’altro più estroverso, uno può essere più impulsivo e l’altro più riflessivo, uno più emotivo e l’altro più razionale e così via…
3.I genitori hanno delle difficoltà come coppia e, inevitabilmente, le proiettano nell’educazione dei figli.
SI TRATTA DI TRE CONDIZIONI DIFFERENTI CHE POSSONO AVERE ESITI MOLTO DIVERSI.
Nei PRIMI DUE CASI infatti le differenze dei genitori possono anche diventare delle risorse.
Se sono presenti un affiatamento di base, il rispetto e la stima nei confronti dell’altro genitore, le visioni educative differenti possono essere negoziate e i caratteri diversi possono aiutare a sfumare i rispettivi spigoli.
Possono esserci situazioni nelle quali è opportuno affidarsi all’altro genitore per la gestione di alcune situazioni o per alcune decisioni. Ma questo si può fare solo se ci si fida dell’altro.
Quando si vedono le cose in modo differente può essere utile chiedersi cosa ci ha colpito dell’altro quando lo abbiamo scelto come partner e quando abbiamo iniziato a pensare potesse essere un buon genitore per i nostri figli.
Insomma che risorse ha l’altro per noi come persona e come genitore e che risorse abbiamo noi e poi come poter mettere insieme questi punti per la costruzione di un progetto educativo realizzabile anche se si parte da visioni del mondo molto differenti.
Anche quando si entra in conflitto, questo non è necessariamente negativo, la parola conflitto, viene quasi demonizzata, ma in realtà questa condizione può anche essere vista come lo scontro di differenti visioni che può anche diventare incontro se di fondo c’è un obiettivo comune.
Se l’obiettivo comune è davvero il benessere dei figli e non ci sono altre dinamiche in gioco, si può sempre trovare un accordo, una negoziazione possibile, magari anche il fatto che ogni tanto uno dei due può cedere perché sente l’altro più competente in quel momento, più convinto, più in ascolto dei bisogni dei figli.
Manu stessa nel suo post sottolinea come rispetto alla scelta della scuola di una delle sue figlie, sia stato un bene potersi affidare al padre della ragazza. Questo significa fiducia: accettare la posizione dell’altro e lasciare che sia lui a prendere le redini della situazione per poi vedere che le cose vanno nella direzione giusta.
Nel TERZO CASO invece le cose sono più difficili da gestire.
Quando la coppia è in difficoltà non sempre i suoi membri si rendono conto di quanto i temi di coppia vadano ad influenzare la relazione con i figli.
È una situazione molto rischiosa nella quale prima di tutto occorrerebbe fare chiarezza sui livelli in gioco: cosa è dei partner in quanto tali e cosa della relazione con i figli? Una volta chiarito questo punto sarà possibile per i genitori pendersi cura di se stessi come partner e tenere fuori i figli dalle dinamiche di coppia, evitando in questo modo che si strutturino dinamiche relazionali familiari disfunzionali, con situazioni nelle quali i figli possono diventare i vice partner di un genitore e si possono creare alleanze e meccanismi di triangolazione (un genitore si allea con un figlio contro l’altro genitore) che possono essere molto dannosi.
Si tratta di situazioni molto delicate in cui è molto importante chiedere aiuto alle persone giuste, cioè psicologi/psicoterapeuti esperti in tematiche familiari e di coppia.
COSA SI PUÒ FARE PER GESTIRE AL MEGLIO LE QUESTIONI EDUCATIVE?
È molto importante che i genitori, anche partendo da visioni educative differenti riescano ad arrivare ad una linea educativa chiara, che permetta ai figli di sperimentare serenità e di sentirsi contenuti affettivamente. Per questo è importante prevenire, intervenire e non discutere in presenza dei figli.
Prevenire significa decidere prima quale linea educativa portare avanti, anche partendo da visioni iniziali differenti. Se l’accordo viene trovato prima si riducono al minimo le occasioni di mostrarsi in disaccordo di fronte ai figli.
Intervenire significa che una volta che le regole generali sono state stabilite devono essere fatte rispettare da entrambi i genitori, con costanza ma senza troppa rigidità, ovvero utilizzando la necessaria flessibilità che permette di capire la situazione specifica.
Non discutere in presenza dei figli. Questa è una regola aurea che va rispettata sempre, se ci si trova nella situazione in cui non ci si era accordati prima o si tratta di una situazione nuova e mai affrontata prima, vale la regola che chi prima parla da la linea da seguire anche all’altro. Lo spazio per discutere, confrontarsi e trovare le eventuali modalità per correggere il tiro va sempre trovato a porte chiuse, in modo che i figli non possano sentire.
Abbiamo scritto delle regole generali che sono importanti ma che devono anche essere adeguate all’età dei figli.
In adolescenza i genitori non possono ancora pretendere di prendere le decisioni per i figli, diventa fondamentale prendere in considerazione il loro punto di vista.
Rispetto a questo le parole magiche che ripetiamo ad ogni post come un mantra sono: ASCOLTO, DIALOGO e FIDUCIA.
Quando non si sa con certezza che direzione prendere ci si può affidare all’altro genitore, che magari in quel momento ha un’idea più chiara della rotta e soprattutto si deve imparare ad avere fiducia nei propri figli, in modo che loro stessi possano sperimentare di contare davvero, di avere potere decisionale sulla propria vita e sulle proprie scelte.
Maria Grazia Rubanu e Melania Cabras
Quando i genitori non sono d’accordo sull’educazione dei figli. Le domande dei genitori
Continua la nostra collaborazione con la rubrica Figli al centro del blog Genitorialmente. Oggi pubblichiamo le loro domande su un tema piuttosto spinoso: la mancanza di accordo tra i genitori nell’educazione dei figli. Venerdì troverete le nostre riflessioni e le nostre risposte.
Maria Grazia e Melania
Quando i genitori non sono d’accordo sull’educazione dei figli succede il finimondo. I figli tendono a infilarsi negli spazi che si creano tra i genitori e alcune volte noi genitori non possiamo venire meno alle nostre posizioni. Quando i punti di vista sono differenti su educazione, scuola e altro come si può fare? Lo chiediamo alle nostre psicologhe dello Studio di psicologia Psynerghia.
Essere genitori è l’esperienza più bella del mondo, ma educare un figlio è un lavoro impegnativo. Non ci sono giornate di ferie, non ci sono momenti in cui puoi dire “aspetta un attimo”, anzi è proprio quando tutto tace che ti devi preoccupare. Perché i figli hanno un istinto innato per capire cosa non si deve fare … e lo fanno.
Educare significa essere molto pazienti, coerenti, instancabili, insomma la lista è interminabile e già così sembra una missione impossibile. Invece tutto questo non è nulla se confrontato all’ostacolo più grande: i genitori devono essere d’accordo sull’educazione dei figli.
Sto parlando di genitori presenti. Non intendo parlare di quelle famiglie dove un genitore delega totalmente l’educazione dei figli all’altro coniuge perché lavora, o perché si fida …Se ti fidi di tua moglie allora lasciale guidare la tua macchina e dagli anche il tuo portafoglio. No? Fiducia = menefreghismo.
Abbiamo detto che parliamo di genitori che sono presenti.
Ma cosa succede quando i genitori non sono d’accordo sull’educazione dei figli?
I primi momenti di disaccordo sull’educazione dei figli possono incominciare sin dai primi mesi di vita legati all’alimentazione o ai tempi della nanna e così via. Non sono argomenti poco importanti, anzi, ma diciamo che il bambino non si rende ancora conto della differenza di posizioni di mamma e papà. Invece noi genitori stiamo mettendo le basi del nostro essere genitori: è importante che iniziamo ad “educarci” ad avere una linea comune davanti ai figli. Possiamo pensarla diversamente, ma davanti ai figli dobbiamo essere uniti e coesi, sempre.
I figli tendono a infilarsi negli spazi che si creano tra i genitori. La coesione nell’educazione dei figli diventa ancora più importante quando loro iniziano a “capire” e diventa fondamentale durante l’adolescenza, perché, come dico io, lì siamo in quattro: mamma, papà, figlio e ormoni.
QUANDO I GENITORI NON SONO D’ACCORDO SULL’EDUCAZIONE DEI FIGLI. LA SCUOLA
La prima vera volta che abbiamo affrontato questo argomento è stato quando mia figlia doveva scegliere la scuola superiore.
Si ritorna con la mente alle nostre scuole superiori ed al nostro percorso di studi. La scelta delle scuola superiore è una scelta importante perché incomincia a delineare una traccia nella vita dei nostri figli. Se le esperienze dei genitori sono differenti, come nel nostro caso, è possibile che la visione sia differente.
Quindi sono iniziate le discussioni tra me e mio marito. Discussioni dietro le quinte. Discussione accese. Ci è capitato anche di dire a nostra figlia che noi eravamo su posizioni differenti, perché interpretavamo e vivevamo i suoi comportamenti in maniera differente. Chi ha avuto ragione? Mia figlia (e mio marito). Perché alla fine la scelta della scuola è giusto che la facciano i nostri figli, ma anche perché io ho fatto un passo indietro e lui ha fatto un passo avanti e io mi sono fidata di lui. Ogni tanto bisogna anche fare un “atto di fede” nei confronti del nostro compagno di vita, magari ha ragione, in fondo se l’abbiamo scelto fra mille un motivo ci sarà.
QUANDO I GENITORI NON SONO D’ACCORDO SULL’EDUCAZIONE DEI FIGLI. LO STUDIO.
Lo studio non è la scuola. Va oltre. Lo studio per me riguarda la costruzione delle basi per l’approccio alla vita. Con studio si intende curiosità, cultura, conoscenza, saper comunicare. Quanto è importante lo studio? Tutti rispondiamo all’unisono “Molto”. Ma la domanda vera è quanto è realmente importante per i nostri figli?
Cosa succede quando un figlio pur avendone le capacità si impegna poco?
Per me l’approccio allo studio è un obiettivo a lungo termine, per mio marito a breve termine.
Il voto o la promozione non è così importante se mia figlia non acquisisce la consapevolezza delle sue capacità e se non matura mettendo il giusto impegno nello studio. Mio marito è d’accordo con me MA per lui l’obiettivo principale è che non venga rimandata.
Io ho talmente tanta fiducia in lei che voglio “correre il rischio”. Va a ripetizioni, ma finché non torna ad impegnarsi vorrei toglierle le ripetizioni. So che ce la può fare, quindi tocca a lei.
Mio marito, invece, sostiene che se non la supportiamo rischierà di essere rimandata, quindi vuole aiutarla continuando con le ripetizioni. Chiaramente anche lei vuole continuare con le ripetizioni, è più comodo e più facile.
Anche questa volta ci sono state discussioni accese tra di noi, ma questa volta i nostri differenti punti di vista non sono rimasti dietro le quinte. Mia figlia ha assistito ai nostri incontri-scontri ed alle “accuse” che ci siamo rivolti. Nell’ultima discussione affrontata ho detto a mio marito che mia figlia è troppo importante per mollare. Stavolta non mollo.
Probabilmente non si fa così. Ma è proprio quello che penso. Quindi come ne usciamo?
QUANDO I GENITORI NON SONO D’ACCORDO SULL’EDUCAZIONE DEI FIGLI. SEVERITÀ O TOLLERANZA. LA CATTIVA SONO IO.
L’approccio all’educazione è un altro punto su cui non siamo totalmente d’accordo. Io sono più severa e lui è più malleabile. Le mie figlie ci prendono in giro dicendo “Quando la mamma dice no è no, mentre a papà basta fare gli occhioni dolci e lui cambia idea”.
Alcune volte ci ridiamo sopra, ma altre volte invece diventa un momento di confronto.
Io credo che quando mia figlia fa qualcosa di sbagliato in modo consapevole non sia giusto lasciare correre. Parlo di errori non gravissimi, ma di errori reiterati. Sa che non si fa e lo fai. Sono atteggiamenti tipici dell’età adolescenziale, questo è il commento di mio marito e so che ha ragione. Ma dopo un po’ stanca. E per me scatta una punizione. Non Esci. Cellulare requisito ecc. Mio marito è più permissivo e lascerebbe correre. Così la cattiva sono sempre io.
QUANDO I GENITORI NON SONO D’ACCORDO SULL’EDUCAZIONE DEI FIGLI. RAPPORTO MADRE FIGLIA.
Si dice che i rapporti madre-figlia siano sempre molto complicati. Non credo di essere una femminista, ma riconosco che le donne hanno una marcia in più. Avendo due figlie le mie aspettative sono più alte. Per questo racconto spesso alle mie figlie quella che chiamo “la favola della vita”. Quali sono le opportunità che la vita offre loro e le esorto a coglierle, tutte. Forse spingo troppo? Noi donne sappiamo quali difficoltà affrontiamo tutti i giorni e quante sfide abbiamo già vinto. Mio marito ogni tanto mi ripete “Lei non è te”. Lo so. Ma io so quanto può essere grande una donna e lui no.
Quando i genitori non sono d’accordo sull’educazione dei figli tutto si complica. Come si fa a tenere un fronte unito quando in ballo ci sono loro? I figli tendono a infilarsi negli spazi che si creano tra i genitori e alcune volte noi genitori non siamo disposti ad accettare compromessi. Quando i punti di vista sono differenti su educazione, scuola e altro come si può fare? Venerdì leggeremo le risposte e i consigli delle nostre pedagogiste di Studio di psicologia Psynerghia perché i nostri dubbi sono tanti e noi ci teniamo davvero ad essere dei bravi genitori.
Bullismo, autostima, fiducia nei genitori, ne abbiamo parlato in Figli al centro. Non è facile, ma possiamo imparare
Come creare un rapporto di fiducia con figli adolescenti. Le riflessioni delle psicologhe
Continua la collaborazione con il blog Genitorialmente.it e questo mese parliamo di fiducia tra genitori e figli
Fidùcia s. f. [dal lat. fiducia, der. di fidĕre «fidare, confidare»] (pl., raro, –cie). – 1. Atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità.
Abbiamo iniziato questo post con la definizione della parola Fiducia tratta dal dizionario Treccani della lingua italiana. Una definizione che ci piace sottolineare soprattutto per la parte in cui si parla della produzione di “un sentimento di sicurezza e tranquillità”.
Quel sentimento di sicurezza e tranquillità al quale, nella fase della famiglia con figli adolescenti, tutti tendono: sia i genitori che i figli.
Il primo punto che ci preme sottolineare è dunque questo: anche se appaiono in contrasto tra loro, genitori e figli adolescenti vogliono la stessa cosa: sentirsi sereni e tranquilli e sentire che le persone a cui vogliono bene hanno fiducia in loro.
La fiducia ha dunque strettamente a che fare con la RECIPROCITÀ.
È vero ciò che dice Manu: la fiducia è qualcosa che si costruisce giorno dopo giorno, già dal primo vagito, segue il ritmo delle relazioni che si instaurano e non può mai darsi per assodata. È sempre in costruzione e in mutamento, a seconda, non solo, come spesso si crede, dell’età dei figli, ma anche della fase di vita che i genitori stanno attraversando.
Chi ha figli adolescenti spesso tende a punteggiare sui loro mutamenti e si pone come osservatore esterno di ciò che accade, dimenticando di essere parte di un sistema in interazione costante e in cui i singoli membri vivono una condizione di INTERDIPENDENZA, in cui il comportamento e le emozioni di ognuno sono fortemente collegati a quelli degli altri.
Si parla spesso di adolescenza come fase di cambiamenti profondi, di imprevedibilità e di incertezza, ma l’adolescenza è anche una creazione degli adulti, ha a che fare con la nostra paura di fronte a ciò che è mutevole. L’adolescenza dunque non è solo CRISI ma anche SPINTA VITALE VERSO IL CAMBIAMENTO e una richiesta, che può diventare urlo, al mondo adulto perché ascolti la parola del passaggio tra chi non è più e chi non è ancora.
Non si è più bambini ma non si è ancora adulti.
Questo momento di passaggio ha bisogno della collaborazione di tutto il sistema familiare: i ragazzi hanno diritto di attraversare il loro momento di crisi e i genitori devono ricostruire l’equilibrio tra distanza e vicinanza, ma spesso si sentono in difficoltà perché fanno fatica a contattare gli adolescenti che sono stati per poter entrare in contatto con i propri figli.
Noi adulti tendiamo a vedere gli adolescenti in due modi: o come creature inquiete, in guerra col mondo, o come esseri fragili e insicuri alla ricerca della propria identità. Ma questa età ha anche il volto della creatività, del desiderio di costruire se stessi e il proprio futuro, di fare progetti, di mettersi alla prova e di inseguire i propri sogni e con essi costruire una vita che valga la pena di essere vissuta.
Abbiamo già detto che l’adolescenza viene spesso collegata all’idea di crisi ma non dobbiamo dimenticare che il termine crisi contiene in sé i concetti di separazione e di scelta e la doppia lettura di vincolo e opportunità.
La crisi non è qualcosa che deve essere evitato, ma va vissuta anche se appare drammatica, perché è un passaggio necessario per la costruzione di un’identità adulta. È proprio laddove la crisi viene evitata che compaiono i sintomi e le patologie. È in questo momento che gli adulti che supportano e curano devono resistere alla tentazione di sostituirsi ai figli e trovare le soluzioni per loro. Per aiutarli davvero devono saper reggere lo stare nel tempo sospeso dell’incertezza, dell’ambivalenza e della confusione.
Le relazioni tra genitori e figli si modificano e cominciano ad emergere differenze che diventano contrapposizioni e conflitti. Si tratta del conflitto necessario per la costruzione della propria indipendenza, una condizione nella quale per affermare se stessi è necessario portare avanti la cosiddetta caduta degli dei. Un bisogno di ridefinizione del legame con i genitori che non sono più le figure idealizzate dell’infanzia ma vengono trasformate in esseri umani reali con i limiti e le debolezze che questo comporta.
Per i ragazzi è difficile parlare con gli adulti perché questi spesso sono più concentrati sul modello pedagogico della svalutazione degli adolescenti, anziché sulla loro valorizzazione. I ragazzi vogliono essere presi sul serio, si aspettano di essere ascoltati perché hanno cose importanti da dire. Si trovano ad oscillare tra il sentirsi grandi e piccoli e vengono trattati in modi contrastanti anche da coloro che li circondano.
Non hanno bisogno di sentirsi fare delle prediche ma di incontrare il saper fare e il saper essere dei propri genitori e degli adulti in generale. Le domande in questa fase sono sempre due: chi sono io e da chi sono diverso? Due domande in cerca di risposte che possano bilanciare tra l’autoidentificazione e la differenziazione dall’altro.
Durante l’infanzia è l’adulto, adorato e idealizzato a filtrare i bisogni dei bambini e fare da mediazione con l’esterno, in adolescenza i ragazzi devono prendere in carico se stessi e iniziano a sperimentare le proprie abilità e competenze anche attraverso lo stato di confusione che spesso si trovano a vivere, una confusione che non ha a che fare con difficoltà cognitive ma con la complessità del gestire emozioni e vissuti interni difficili da integrare perché spesso contrastanti e questo da luogo a senso di smarrimento e paura o anche tentativi di negazione. Hanno difficoltà ad avere familiarità con il loro sentire interno, eppure è proprio questa la condizione per potersi fidare di se stessi. È per questo che in questa età sono così frequenti gli agìti, la messa in atto di comportamenti rischiosi che rappresentano un cortocircuito del pensiero e permettono di sperimentare il proprio mondo senza il filtro della coscienza, come se fosse il corpo a dominare.
Il cortocircuito diventa circolo vizioso nel momento in cui gli adulti, che dovrebbero insegnare la vita, pensano che per farlo al meglio sia necessario trasmettere la conoscenza del modo giusto per non sbagliare.
Anche quando si dice ai figli che devono mettersi in gioco correndo il rischio di sbagliare, lo si fa tenendo un certo distacco dalla cosa, mantenendosi spesso su un piano teorico.
Pochi genitori pensano che sia utile parlare ai figli delle proprie PAURE, di quanto ci si sia sentiti SOLI e INCOMPRESI in certe situazioni, di come anche da adulti si faccia fatica a SBAGLIARE e cercare di RIMEDIARE.
Nessuno crede che possa servire a qualcosa mostrarsi fragili e parlare delle proprie difficoltà.
I genitori rinunciano troppo spesso all’arte della NARRAZIONE AUTENTICA DI SÉ, forse pensando che non sia abbastanza interessante o abbastanza perfetta.
A volte si fa l’opposto, costruendo una narrazione non autentica, incentrata sul dover essere e sul senso di adeguatezza, non dando in questo modo ai figli una delle opportunità più grandi per costruire un legame di forte intimità: la possibilità del RISPECCHIAMENTO nei propri genitori, genitori autentici, persone vere, in carne ed ossa, che hanno provato come loro emozioni contrastanti e si sono sentiti in difficoltà, sia alla loro età che da adulti, perché fa parte del gioco della vita. Se c’è una cosa che gli adolescenti fanno in maniera istintiva e intensa è proprio il tenersi lontani da ciò che non è autentico, perché da questo hanno bisogno di differenziarsi.
CHE COSA FARE DUNQUE PER COSTRUIRE UN RAPPORTO DI FIDUCIA CON I FIGLI ADOLESCENTI?
Una relazione fertile, costruttiva e intima ha bisogno di un modello educativo flessibile, che abbia la capacità di adattarsi ai cambiamenti e di reggere agli scossoni. È necessario accettare di stabilire nuovi confini, ridefinire gli obiettivi educativi evitando la trappola della pedagogia del giusto e dello sbagliato in favore della messa in gioco delle proprie emozioni e dei propri vissuti.
L’adolescente non ha bisogno di prediche ma della possibilità di un confronto diretto con i suoi genitori, della esperienza di sentirsi accolto e visto per ciò che è davvero, di sentire che l’altro ha emozioni, vissuti, una storia e anche un corpo fisico. Un genitore che sa esserci per il proprio figlio perché ha chiaro per primo quali sono le sue emozioni e sa separarle da quelle dei figli.
I figli non hanno bisogno di un manuale esistenziale ma di un punto di vista alternativo sul mondo, un’altra realtà possibile, che non abbia la presunzione di essere quella giusta.
A volte la difficoltà per i genitori è proprio questa: la possibilità di esserci con autenticità. Per gli adulti che non hanno avuto modo di elaborare la propria adolescenza non è semplice affrontare l’adolescenza dei figli, perché questa li mette inevitabilmente di fronte ai propri nuclei non risolti, alle proprie ferite ancora aperte.
E questa è una tappa fondamentale: SEPARARE LE PROPRIE FERITE DA QUELLE DEI FIGLI per poterli aiutare senza spaventarsi e senza irrigidirsi. Se trovano un buon terreno di confronto e non vengono represse, le richieste d’aiuto degli adolescenti possono diventare assunzione consapevole dell’interdipendenza come sistema di relazioni di scambio. Se si arriva a questa condizione si sarà ad un punto di svolta fondamentale: la tolleranza dei propri limiti e il riconoscimento dei propri bisogni permette di riconoscere se stessi e l’altro come persone reali con le quali si può entrare in contatto autentico, senza correre il rischio di costruire relazioni fusionali.
Testi per approfondire il tema:
Anna Fabbrini, Alberto Melucci – L’età dell’oro
Jesper Juul, La famiglia è competente
Maria Grazia Rubanu e Melania Cabras
Psyblog. La sostenibile leggerezza dell’essere
Psynerghia, studio di psicologia
- Adolescenti chiusi in casa
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- Come dialogare con i nostri figli e le nostre figlie
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- Basta volerlo! Come sopravvivere alla narrazione tossica della malattia come “scuola di vita”